Le buone notizie al tempo del COVID

Marco e il Covid-19 Una testimonianza che diventa un viaggio nelle emozioni di un giovane ennese

Marco ha 32 anni e indossa una tuta, una cuffia in testa, una mascherina sulla bocca e una visiera sugli occhi da circa due mesi.

E’ un operatore socio sanitario (Oss) e dieci anni fa, con la qualifica in tasca e tanta fiducia nel futuro, ha lasciato la nostra terra per trasferirsi in Romagna in cerca di occupazione. Da allora, ogni giorno è in corsia, effettua medicazioni, cura l’igiene, rileva i parametri vitali. Vive il suo mestiere con sensibilità e delicatezza. Dalle sue parole traspare subito che il suo lavoro è una missione per lui. E lo è ancora di più oggi, in piena pandemia.
L’ospedale presso cui opera è il Santa Maria delle Croci di Ravenna. Il reparto di chirurgia dove presta servizio è stato convertito da 60 giorni in Pneumo-Covid. I pazienti, a cui è abituato a dare cure e assistenza, ora hanno bisogno anche di supporto psicologico. Non per forza parole, ma anche i sorrisi, la compostezza, fanno bene a chi si trova immobilizzato a letto. “Io cerco di parlare e di informarli perché se ti vedono tranquillo, è tutta un’altra cosa. Con i più gravi, ci viene chiesto di uscire dagli schemi: per aiutarli, ad esempio, a chiamare casa”.
Quando è scoppiata l’emergenza in Lombardia e, subito dopo, i casi aumentavano anche in Romagna, ha capito che doveva muoversi con responsabilità e imparare a vivere un’emotività fluttuante. Marco lavora gomito a gomito con gli infermieri e spesso condivide con loro scelte difficili, come una grande famiglia. Tutti loro sono gli eroi di questi tempi, andati in “trincea” contro un nemico sconosciuto. Ma, spesso, anche la paura affiora. Come quando entra per la prima volta dentro il suo reparto convertito e realizza che d’ora in poi lavorerà con l’ossigeno, che veicola ancor di più il contagio. Come quando gli comunicano che non farà più una vita normale: già vive da solo, lontano dalla sua terra e dalla sua famiglia; adesso non potrà vedere neanche i suoi amici e nessun altro. Come quando vede piangere una sua collega, che prima di essere al servizio della sanità, è madre e teme per l’eventualità di un contagio dei suoi figli. Come quando si è ammalato, ha avuto febbre alta e tosse, anche se il suo tampone è rimasto negativo.
Marco ci racconta che è stanco, è provato tanto fisicamente da forti mal di testa, per quella visiera che stringe sulle tempie e per le notti insonni, quanto psicologicamente perché sta sperimentando tanta solitudine, “la mia vita è casa, lavoro, casa”. E poi Marco ha la forza della fede dalla sua parte, proprio come la sua famiglia e suo fratello Luca, frate francescano, gli hanno trasmesso fin da piccolo. “Mi ritrovo in un prolungato venerdì santo. Nei sacrifici che viviamo e in quelli che vediamo nei malati vedo la croce. Ma so che la Resurrezione c’è. Non puoi smettere di vivere perché hai paura di morire”.
Con la sua testimonianza, in poche righe, Marco ci fa compiere un viaggio nelle emozioni. E in questi giorni di isolamento forzato per tutti, questo fa bene al nostro cuore e alla nostra mente.

Valeria Pignato

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