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Tribunale di Enna: lavoratori precari, assunti con il Pnrr, rischiano il posto di lavoro

C’è una parola che risuona nei corridoi del Tribunale di Enna: precarietà. Quarantaquattro
lavoratori, assunti a partire dal 2022 con i fondi del Pnrr per dare ossigeno alla giustizia ennese,
oggi si ritrovano con il fiato sospeso. Dal 1° luglio 2026, il Ministero della Giustizia potrà infatti
stabilizzare, allo stato attuale, soltanto la metà dei lavoratori attualmente in servizio in tutta Italia.
Su queste poche stabilizzazioni, resta aperta una domanda cruciale: quante risorse verranno
effettivamente destinate ad Enna? La stabilizzazione solo parziale del personale assunto nell’ambito
del PNRR, oltre a sottoporre i lavoratori, già vincitori di un regolare concorso per titoli ed esami, a
una ulteriore procedura selettiva, appare un evidente passo indietro dell’amministrazione della
giustizia, già ampiamente sottodimensionata rispetto alle piante organiche. A lanciare l’allarme, a
un anno esatto dalla scadenza dei contratti, sono il Segretario Generale della Funzione pubblica di
Enna Alfredo Schilirò e Pietro Vanadia, Funzionario Addetto UPP presso il Tribunale di Enna e
Dirigente Sindacale della CGIL che dichiara: “siamo Funzionari Addetti all’Ufficio del Processo,
Funzionari Tecnici di amministrazione, Operatori Data-Entry, figure chiave nell’innovazione
digitale, nel miglioramento degli uffici giudiziari, personale che in questi anni ha garantito
all’interno del Tribunale di Enna, continuità, efficienza e smaltimento dell’arretrato, lavorando
fianco a fianco con i dipendenti storici e con magistrati. Escludere questi lavoratori significherebbe
danneggiare l’intero comparto giustizia, già in sofferenza da oltre 30 anni a causa di investimenti
insufficienti e carenze croniche di organico”. Il sistema giudiziario italiano non può reggere senza
queste figure professionali – denuncia Vanadia – uno dei fondatori del Coordinamento Nazionale
Funzionari dell’Ufficio per il Processo – “la stabilizzazione di solo metà del personale attualmente
in servizio, come nelle intenzioni del Governo scritte nel Piano strutturale del Bilancio – su cui
mancano però ancora le risorse per 3.000 unità – penalizzerà anche il personale a tempo
indeterminato che si troverà costretto ad assorbire l’intera mole di lavoro; noi esistiamo, siamo parte
del sistema. Ma veniamo trattati come invisibili, senza futuro né certezze. È il momento di dire
BASTA!”. La protesta, allora, inizia a farsi strada: “in vista di una data importante e simbolica, ad
un anno esatto dalla scadenza dei nostri contratti, inizieremo con una raccolta firme rivolta a tutti i
soggetti coinvolti nel sistema giustizia”. In numerose città su tutto il territorio nazionale. sono state
indette anche diverse assemblee ed altrettanti presidi. “È solo l’inizio dell’ultimo anno ‘caldo’ da
precari: intendiamo proseguire la mobilitazione anche in autunno, in corrispondenza del dibattito
parlamentare sulla legge di bilancio, con l’ipotesi di uno sciopero generale se non verranno
garantite stabilizzazioni integrali. Siamo pronti ad intensificare la mobilitazione se le promesse non
si trasformeranno in azioni concrete e finanziamenti certi”.

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