Attualità

Dipendenze tecnologiche e loro implicazioni

Incontro dibattito con lo psicologo Giancarlo Pintus organizzato dall'Agesci Enna III

Le nuove dipendenze tecnologiche e le loro implicazioni. Si è parlato di questo nel corso di un incontro organizzato dall’AGESCI Enna III. L’evento è stato realizzato grazie alla collaborazione dello psicologo Giancarlo Pintus psicologo e psicoterapeuta della Gestalt.

Ad aprire la serata il capogruppo dell’Enna III, Giovanni Bongiovanni. “Essere scout – dichiara Bongiovanni – significa anche essere uomini e donne di frontiera. Ogni epoca e ogni momento storico presenta orizzonti e anche limiti da esplorare e vivere con capacità di adattamento e scelta .In questo momento si presenta tra le altre, una sfida col mondo sempre più informatizzato. Da una parte le grandi opportunità di crescita e conoscenza tecnologica, dall’altro il pericolo dell’ oblio della persona negli aspetti biologico- relazionali- affettivi.
La pedagogia scout, senza rinunciare alle spinte e opportunità positive dei nuovi strumenti propone con naturalezza il mondo reale, il contatto,la sensorialita’, l’esperienza del sudare, del dialogo nella condivisione di fatti concreti ma anche di strategie e progetti a volte anche utopici ma verificabili nel dialogo con gli altri”.

E sono proprio il dialogo e la relazione gli elementi che vengono penalizzati dall’uso eccessivo dei moderni mezzi di comunicazione. Lo psicologo Pintus ha iniziato l’incontro chiedendo ai presenti di posare i cellulari sul tavolo. Una richiesta che ha creato qualche perplessità e un pò d’ansia tra i presenti abituati come siamo a vivere ormai legati al nostro cellulare.

“Per noi è come se fosse nostro figlio – ha detto Pintus-. Questa è la sindrome che si chiama nomofobia , ovvero la paura di restare disconnessi dalla rete mobile”. Separarci dal nostro smartphone crea ansia. Forse non abbiamo consapevolezza del potere che ognuno di noi abbiamo delegato ai nostri telefoni. Dentro il nostro cellulare c’è la nostra vita, c’è buona parte della nostra identità. Piuttosto che essere legata alle esperienze che viviamo, ai nostri percorsi formativi, alle nostre relazioni sociali, la nostra esistenza è rinchiusa nei nostri cellulari. Identità personale e identità digitale tendono sempre più a convergere e a sovrapporsi e soprattutto ad annullare l’identità personale.

Oggi molte persone vivono dei gravi problemi psicologici nella misura in cui i post che mettono su facebook ricevono più o meno like. Può sembrare strano, ma in un modello di società che evolve sempre di più verso il digitale, quindi un modello di identità che è sempre più sganciata dall’identità reale per essere sempre più identità virtuale, anche il numero di follower piuttosto che il numero di like è come se fossero un esplicita conferma della nostra esistenza. Per cui se gli altri mi vedono su facebook, se gli altri seguono il mio profilo e mettono like, allora vuol dire che sono vivo. Non dobbiamo correre l’errore di pensare che siccome è una problematica di tipo educativo, allora riguarda i ragazzi. Riguarda soprattutto gli adulti. I ragazzi sono sempre il riflesso del mondo che noi adulti costruiamo per loro. Il problema è che sempre più costruiamo dei mondi che sono autoreferenziali cioè rispondono sempre più alle nostre esigenze di adulti e sempre meno alle esigenze dei ragazzi.

Il rapporto con la tecnologia è sempre stato strutturale all’evoluzione dell’umanità. L’uomo ha si è sempre posto domande e ha sempre cercato di dare soluzioni tecniche a problemi reali dell’esistenza. Nel corso dell’ultimo secolo questa evoluzione si è arricchita del’utilizzo dei computer.

Gli anni 90 segnano un’innovazione cara a tutti noi con l’avvento del web, la rete diffusa nel mondo. Un evento particolare è la nascita del cosiddetto web 2.0 a partire dei primi smartphone. L’avvento porta l’accesso a tutti i servizi che la rete può offrire a un pubblico estremamente più vasto che non aveva magari cosi tanta confidenza con i computer. Dal 2004 in poi cioè da quando si diffondono in maniera capillare sia i cellulari che i social network, si parla di una seconda ondata del web. Ecco perchè 2.0. Questo rappresenta un cambiamento fondamentale nella vita di tutti noi.

Nel corso del tempo il rapporto con la tecnologia ha seguito anche l’evoluzione delle generazioni. Il grado di confidenza con la tecnologia dipende anche dall’anno in cui si è nati.

I tardivi digitali sono coloro che sono cresciuti senza tecnologia. E tuttora rimangono scettici sul suo utilizzo.

Gli immigrati digitali sono quelli nati in un mondo analogico dove c’era ancora il telefono fisso di casa, oggi invece pronti a seguire le ultime novità tecnologiche.

Gli anni dal 2000 al 2008 segna la nascita della generazione dei millenians, i nativi digitali. Loro sono nati in un mondo digitalizzato e tecnologico.

Chiudono i mobile born coloro che prima ancora di sviluppare competenze legate allo scrivere, a colorare etc.. hanno sviluppato (ma siamo stati noi adulti a fargliela sviluppare) una particolare sensibilità a tutti i devices a cristalli liquidi: smartphone, tablet…..

Questa evoluzione ha dei risvolti non solo dal punto di vista culturale ma anche antropologico. I nostri ragazzi hanno sviluppato una altissima sensibilità nei polpastrelli, ma hanno scarsissime competenze da un punto di vista delle abilità pratiche della vita quotidiana.

Quello che avviene dai nativi digitali in poi è che questa rete che è diventata di pubblico dominio dal 1991 in poi, si è trasformata perché ad abitarla non sono solo coloro che sono fruitori dei servizi offerti, ma anche chi crea internet. Da fruitori a creatori. Un mondo che si arricchisce della fantasia di ciascuno creando dei veri e propri mondi digitali all’interno dei quali alcune persone preferiscono vivere disertando i luoghi fisici di contatto umano.

Una delle caratteristiche del web è proprio la possibilità di reinventarsi una vera e propria identità fatta a misura in base ai propri desideri. E in questo i ragazzi potrebbero trovare rifugio rispetto alle difficoltà che invece incontrano nella loro vita quotidiana.

Ognuno di noi passa mediamente circa due mesi l’anno consultando il cellulare. Questo da ha portato a dei cambiamenti fisici ma non solo. E’ cambiato l’aspetto del nostro pollice a furia di utilizzare lo scrolling per leggere le notizie. Il tempo di permanenza all’interno dei quotidiani on line è di due minuti. Articoli più lunghi di due minuti vengono scartati. Questa velocità di consultazione sta generando anche da un punto di vista neurologico un grande problema di deficit di attenzione. Si riscontra soprattutto nei bambini però anche gli adulti risentono di questo. I bambini si trova a dover sfruttare il tempo che ha bombardato però da stimoli di diversa natura e diversa intensità. Per cui non è più funzionale rispetto alle richieste che arrivano dall’esterno il fatto di potere tenere la propria attenzione fissa su una sola cosa.

Da adulti dovremmo evitare di innescare nei ragazzi dei falsi bisogni. Se il contatto con le tecnologie a cristalli liquidi si crea fin da tenera età, il rischio è che si instauri nel cervello del bambino la convinzione che l’attività che sta facendo il piccolo è necessaria per la sua sopravvivenza. Ecco perchè poi spesso assistiamo a scene isteriche da parte dei bambini quando gli viene tolto il Tablet o il cellulare dalla mani.

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