L’ennese Giovanni Lo Giudice premiato dalla Fondazione Gaber: il premio ‘Il Luogo del Pensiero’ sarà consegnato il 25 luglio a Viareggio

Ci sono persone che attraversano la vita con passo leggero ma deciso, lasciando segni profondi. Persone che sanno curare il corpo e toccare l’anima, che sanno scrivere parole e viverle, comporre note e sentirle vibrare dentro chi ascolta.
Uno di loro ha ricevuto una notizia che ha il sapore delle cose meritate, eppure difficili da credere fino in fondo: ha vinto.
Il concorso nazionale “Il Luogo del Pensiero”, giunto alla sua seconda edizione e promosso dalla Fondazione Gaber, ha assegnato il primo premio a Giovanni Lo Giudice, ennese di nascita, oggi residente a Borgosesia, medico per professione, artista per necessità dell’anima. Una vittoria che si inserisce all’interno del Premio Città di Viareggio e della storica cornice del Premio Letterario Viareggio-Rèpaci, con il patrocinio del Comune di Viareggio e il contributo della Fondazione Banca del Monte di Lucca.
Lo Giudice si è aggiudicato il riconoscimento con due opere intense e coerenti tra loro: la canzone “Amico G”, scritta di suo pugno e musicata da Fabio Lamanna, e il monologo teatrale “Il tempo che indosso”. Due forme espressive diverse, unite però da un’unica voce: quella del Teatro-Canzone, che Giorgio Gaber ha reso inconfondibile. A interpretare entrambe le opere, il 25 luglio a Piazza Mazzini di Viareggio, sarà Paola Matera, accompagnata alla tastiera dallo stesso Lamanna, nell’ambito della serata conclusiva della rassegna.
Gaber, per Giovanni, non è soltanto una figura di riferimento: è un’eco costante, una presenza che attraversa tempo e linguaggio. Lo chiama “Amico G”, ma quel “G” è molto di più di un’iniziale: è un simbolo di pensiero libero, arte civile e poesia che sa graffiare. “Questa scrittura – ha dichiarato il presidente della Fondazione Gaber, Paolo Dal Bon – ha dimostrato non solo di conoscere profondamente l’opera del Signor G., ma di saperne restituire l’essenza con un linguaggio personale, incisivo e rispettoso”.
Ma Giovanni Lo Giudice è molto più di questo premio. È autore di canzoni, di libri, di testi teatrali. Scrive e recita, con quella versatilità autentica che non cerca vetrine, ma verità. Ogni forma espressiva per lui è una strada da percorrere, un modo per dare voce a ciò che spesso resta silenzioso: le emozioni sottili, le domande scomode, le bellezze non urlate.
“Non ci credo ancora,” afferma con disarmante sincerità. Parole semplici, eppure potentissime. Perché appartengono a chi crea per esigenza, non per ambizione. E in quel piccolo stupore c’è tutta la misura della sua autenticità.
C’è una domanda che sorge spontanea davanti a figure come la sua: come si concilia una vita dedicata alla medicina, fatta di ascolto, diagnosi, fatica e responsabilità, con un’energia creativa così vasta e generosa? Forse la risposta sta proprio lì, in quel confine sottile tra il prendersi cura e il prendersi a cuore. In Giovanni Lo Giudice, l’artista non è l’alternativa al medico, ma il suo completamento. La cura continua anche quando le parole si fanno versi o quando una riflessione teatrale svela un pezzo di verità umana che la medicina, da sola, non sa dire.
Il 25 luglio, a Viareggio, riceverà il premio. E in quel momento, ne sono certa, porterà con sé non solo i suoi testi e le sue note, ma anche il silenzioso battito di tutti coloro che lo stimano, lo seguono, lo leggono, lo ascoltano.
Perché il suo è un talento raro: quello di chi sa vedere il mondo da più angolazioni e riesce a raccontarlo con grazia, intelligenza e ironia. Un talento che fa sognare senza illudere.
E che merita ogni luce che si accende su di lui.
Intanto, vi consegniamo questa notizia con la cura che si riserva alle cose belle.
Dopo il 25 luglio, torneremo a raccontarvi il resto: la magia del premio ricevuto, le emozioni sul palco, le parole che sapranno, ancora, toccare il cuore.
Manuela Acqua