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I dazi di Trump e il disordine globale

Da mesi si sente parlare sempre più spesso dei DAZI ma, nella storia del commercio internazionale nel corso dei secoli, non è la prima volta che si manifesta questa alternativa tra libero scambio, che è la politica commerciale fondata sulla libertà di importazione ed esportazione delle merci e il protezionismo, che è la politica commerciale adottata da quei paesi che pongono in vario modo ostacoli al libero ingresso nel proprio paese di merci straniere, cioè i dazi.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si è andati progressivamente verso la riduzione dei dazi doganali, anche se interrotta in alcuni periodi a causa di crisi economiche o politiche.

Nel 1947 fu firmato il GATT, Accordo Generale sulle Tariffe e il Commercio, l’unico strumento di disciplina giuridica multilaterale della cooperazione commerciale tra gli Stati nel secondo dopoguerra. Il GATT, firmato a Ginevra il 30 ottobre del 1947, era il frutto di negoziati paralleli avviati, su iniziativa degli Stati Uniti, dagli Stati partecipanti alla Conferenza dell’Avana per una riduzione degli ostacoli al commercio internazionale e, nel 1995, fu sostituito dall’OMC, Organizzazione Mondiale del Commercio, che sovraintende al commercio mondiale e ne stabilisce le regole e le tariffe doganali.

Come afferma Pascal Lamy, ex direttore dell’organizzazione, il ruolo dell’OMC oggi è “proprio evitare che le sciocchezze americane danneggino l’intero sistema mondiale”.

Purtroppo, però, le recenti misure introdotte da Trump hanno acceso i riflettori sulle tariffe doganali e stanno suscitando molti interrogativi sulle ragioni e sulle conseguenze. Ma cosa sono esattamente i dazi? I dazi sono tasse che si applicano sulle merci in arrivo da un paese straniero in percentuale sul prezzo di vendita, il che dovrebbe invogliare il consumatore a scegliere di comprare merce nazionale favorendo le industrie nazionali.

Ma non sempre è così, perché le scelte dei consumatori non sempre sono guidate solo dai prezzi: l’efficacia di un dazio dipende anche dall’interesse che un prodotto suscita sul mercato a tal punto che il consumatore potrebbe essere disposto a pagarlo di più pur di averlo e quindi sopportare il dazio al posto del produttore. Oppure, il produttore potrebbe assorbire il dazio abbassando il prezzo all’esportazione pur di non perdere il mercato. In ogni caso, i prezzi tendono a salire favorendo l’inflazione.

Secondo l’amministrazione Trump saranno i partner commerciali a pagare, dimostrando l’efficacia di questa svolta protezionistica, anche se ci sono molti studi che rilevano che, in passato, sono state le imprese e i consumatori americani a subire gli effetti di queste misure, che hanno avuto un impatto netto negativo sull’occupazione complessiva.

In questo momento di passaggio è difficile fare previsioni, sicuramente la questione dei dazi, opposta alle logiche di apertura agli scambi commerciali, andrà affrontata, come dice qualcuno, “con la volontà e l’umiltà di porre mano al disordine del mondo ed alla costruzione di un nuovo ordine su basi multilaterali condivise”.

A cura di Paola Ciapparoni, Consigliere d’Amministrazione di EFPA Italia, Fondazione affiliata di EFPA – European Financial Planning Association.

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