Cultura

“E pensare che ero un dio, ma poi ho dimenticato username e password”. Quando anche il Creatore si stanca

Dio si è stufato. Ha spento tutto, ha preso il cappello e se n’è andato in campagna. Ma prima di disconnettersi dal creato, ha fatto un gesto (apparentemente) responsabile: ha lasciato l’“azienda” in gestione ai suoi due figli.
Uno dei due ha costruito un mondo perfetto: funziona, splende, ha la luce giusta e le risposte in ordine alfabetico. L’altro invece… ha dimenticato username e password.
Indovinate in quale mondo viviamo noi?

Benvenuti nell’universo “beta” immaginato da Giovanni Lo Giudice nel suo nuovo libro “E pensare che ero un dio, ma poi ho dimenticato username e password”, pubblicato da Maurizio Vetri Editore. Un libro che è favola, satira, apologo, stand-up teologico ed esercizio filosofico, tutto insieme.
Qui Dio non è arrabbiato: è stanco. Non giudica, si esaurisce. È l’ultimo Dio contemporaneo, svuotato e confuso, che abdica non per vendetta ma per saturazione, lasciando a noi umani il peso (e la colpa) di portare avanti un sistema pieno di bug esistenziali.

Echi gaberiani attraversano tutta l’opera: quell’ironia feroce, quella satira che non ride mai da sola, ma porta sempre con sé una domanda drammatica. Come in “Io se fossi Dio”, anche qui il monologo interiore si fa riflessione collettiva. È un Dio umano, troppo umano, o forse siamo solo noi a proiettarci su di Lui.
Con una scrittura tagliente e surreale, Lo Giudice ci conduce in una metafora straordinariamente attuale, dove la tecnologia diventa simbolo spirituale: la password smarrita è il segno di un’umanità che ha perso il contatto con il senso, la memoria collettiva, la propria vocazione, l’umanità.
Il tono è ironico, a tratti lirico, sempre profondo. Non è un libro che consola: è un libro che interroga. Che provoca. Che ti guarda e ti chiede: “E tu? Hai ancora le credenziali per accedere a ciò che conta?”
In un’epoca dove tutto è immediato, ma niente è davvero compreso, questo libro ha il coraggio di fermarsi, riflettere, non semplificare.

E se tutto questo oggi è leggibile, è anche grazie a chi crede ancora nel potere dei libri. Come Maurizio Vetri, editore ostinato e coraggioso, che continua a pubblicare pensiero, anche quando il mercato suggerirebbe gattini e ricette.
Un plauso quindi non solo all’autore, ma a chi rende possibile queste piccole-grandi rivoluzioni editoriali.
Perché forse è vero: Dio è in campagna. Ma noi siamo ancora qui. E tocca a noi recuperare le credenziali perdute.

E che questo libro abbia qualcosa da dire lo dimostra anche l’incontro di ieri, 5 giugno, durante la presentazione tenutasi presso Al Kenisa. Lì, di fronte a un pubblico attento e partecipe, si è acceso un vivace dibattito, fatto di domande, riflessioni e confronti: segno che certe provocazioni, quando sono intelligenti e ben radicate nel nostro presente, non solo stimolano la mente ma toccano corde profonde. Le tematiche affrontate da Lo Giudice, tra tecnologia, spiritualità e crisi di senso, si sono rivelate tutt’altro che astratte, anzi, più che mai urgenti in un mondo stanco, confuso, martoriato. E se la sala ha risposto con così tanta intensità, forse è proprio perché tutti, in fondo, ci stiamo chiedendo dove siano finite le nostre credenziali, e come possiamo provare a ritrovarle.

Manuela Acqua

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