Cultura

Caltanissetta, successo a Palazzo Moncada per “Memorie”: arte, suono ed emozione

Memorie. È un titolo che già da solo evoca un moto interiore, un ritorno, un varco che si apre tra ciò che siamo stati e ciò che continuiamo a essere. Ed è esattamente ciò che è accaduto ieri pomeriggio, nella suggestiva cornice della Galleria d’Arte di Palazzo Moncada a Caltanissetta, in occasione dell’inaugurazione della mostra dedicata a Mario Termini, Donello Scarpinato e Aldo Petralia: tre artisti diversi, tre linguaggi, tre visioni, eppure un unico filo conduttore, quello della memoria, intesa non come archivio del passato, ma come forma viva del presente, come significante che cerca incessantemente il proprio significato.

A guidare il pubblico dentro questo viaggio, estetico, emotivo e intellettuale, sono stati la giornalista Emilia Di Piazza e il professore Totò Chiello, la cui lettura critica ha offerto strumenti preziosi per avvicinare le opere dei tre autori. Chiello, che da tempo esplora i territori di confine tra arte, filosofia e narrazione del sacro, ha proposto una riflessione profonda, densa, che ha dato respiro e risonanza alla visione complessiva della mostra.

Un momento molto toccante dell’evento è arrivato con la performance di Elisa Di Dio, accompagnata dai violinisti Stefano Termini e Ivan Scarpinato: un intreccio di voce, parola e suono che ha avvolto il pubblico in un silenzio carico di attesa. Elisa ha condotto i presenti dentro un luogo sospeso, dove il testo si è fatto vibrazione, corpo sonoro, rivelazione. Il modo in cui la voce si è appoggiata sulle armonie dei due musicisti ha dato vita a qualcosa di più di una semplice lettura interpretativa: è diventata un’esperienza, un attraversamento emotivo che ha reso esplicita la natura stessa della memoria, dialogo, rievocazione, riscrittura. I due violinisti, con il loro timbro ora teso ora carezzevole, hanno creato un tessuto sonoro di grande intensità: non accompagnamento, ma contrappunto emotivo, presenza viva che ha ampliato il respiro della parola.

Le riflessioni di Chiello su Mario Termini hanno aiutato a leggere il suo lavoro come tensione profonda tra immobilità e dinamismo, tra perfezione e inquietudine, tra sogno e realtà. La scultura, nella sua fissità apparente, diventa luogo di conflitto, di desiderio, di lacerazione. Come sottolinea Chiello, Termini pone al centro la dialettica tra l’ordine apollineo e il tumulto dionisiaco, tra la forma che si compie e la materia che ancora spinge per muoversi. In questo senso, la memoria diventa il punto in cui ciò che è fisso ritorna a muoversi, ciò che è compiuto torna a interrogare.

Con Donello Scarpinato l’immagine fotografica non è mai mera registrazione: è epifania. Chiello sottolinea come il fotografo non cerchi la sorpresa o la testimonianza, ma la rivelazione del mistero che abita il reale. L’uso sapiente della luce, delle inquadrature, dei tagli visivi trasforma luoghi, volti e scene quotidiane in apparizioni dense di significato. La memoria qui non è ricordo, ma risonanza: un’attesa che diventa presenza, un dettaglio che si apre a un altrove non immediatamente visibile. La fotografia si fa significante che trattiene lo stupore e invita il significato a emergere lentamente, come da un fondale.

Le opere di Aldo Petralia, come evidenzia Chiello, sono un dialogo incessante tra l’artista, l’immagine e la materia che la ospita. Paesaggi interiori, barche eternamente ferme sulla soglia del viaggio, figure femminili sospese tra carne e icona: tutto in Petralia parla dell’attesa, della soglia, di quel punto in cui l’umano sfiora il mistero. Qui la memoria assume una dimensione metafisica: diventa il tempo dell’anima, il luogo in cui significante e significato non coincidono mai del tutto, ma continuano a sfiorarsi, come onde che non cessano di tornare alla riva.

La serata si è conclusa tra emozione e riflessione, con la consapevolezza che “Memorie” non è soltanto una mostra, ma un invito. Un invito a ricordare, certo, ma soprattutto a rinterrogare ciò che ricordiamo, a dare nuova voce e nuova forma a ciò che rischia di restare immobile.

E mentre le opere di Termini, Scarpinato e Petralia continuano a dialogare con chi le osserva, ciò che rimane è la sensazione di avere attraversato un confine: quello tra memoria e presenza, tra ciò che siamo stati e ciò che siamo destinati a diventare.

La mostra rimarrà visitabile fino al 30 dicembre (dal martedì al sabato, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 20.00), offrendo al pubblico l’occasione di tornare, sostare e rileggere con calma le opere, lasciando che ciascuna di esse continui a parlare, o a tacere, nel modo unico in cui la memoria sa fare.

Manuela Acqua

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