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Falsa testimonianza nel caso Rugolo: si astiene la giudice Santoni, a giudizio Gisana e Murgano

Si complica il procedimento giudiziario legato al caso del sacerdote Giuseppe Rugolo, condannato a 4 anni e sei mesi per violenza sessuale su un minorenne. La giudice Maria Rosaria Santoni, che aveva redatto la motivazione della sentenza di condanna nei confronti del sacerdote, si è astenuta dal nuovo processo che vede coinvolti due alti esponenti della Chiesa: il vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana, e il suo vicario giudiziale, don Vincenzo Murgano, attuale parroco della Chiesa Madre di Enna. Entrambi sono imputati per falsa testimonianza.

L’astensione della giudice Santoni è un passaggio significativo, che mette in evidenza la delicatezza e la complessità del procedimento. La sua precedente partecipazione al processo Rugolo avrebbe potuto generare un conflitto d’interessi o comunque un’incompatibilità percepita, data la stretta connessione tra i due procedimenti.

Nel frattempo, si allarga anche il fronte delle parti coinvolte. Antonio Messina, la persona dalla cui denuncia ha preso avvio il caso Rugolo, si è costituito parte civile nel nuovo procedimento. A rappresentarlo in aula sarà l’avvocata Eleanna Parasiliti Molica.

Un altro segnale dell’importanza crescente del processo è arrivato dalla difesa del vescovo Gisana. L’avvocato Gabriele Cantaro ha annunciato che sarà affiancato da un penalista romano, Pierfrancesco Bruno. La scelta di un legale di rilievo a livello nazionale non è passata inosservata. «La nomina di un avvocato per la Diocesi che viene da Roma dimostra che la difesa ha compreso che questo processo ha uno scenario nazionale», ha dichiarato Messina, sottolineando come l’eco del caso abbia ormai superato i confini locali.

La prossima udienza è stata fissata per il 29 ottobre e l’attenzione resta alta. Il procedimento non coinvolge solo due figure centrali della gerarchia ecclesiastica siciliana, ma chiama anche in causa il rapporto tra giustizia, istituzioni religiose e opinione pubblica. La posta in gioco non riguarda soltanto l’accertamento delle singole responsabilità, ma anche la trasparenza e la credibilità delle istituzioni chiamate a rispondere di fronte alla legge.

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